Novembre a misura di Imtiaz Ali, Il regista non convenzionale di bollywood

Novembre si identifica come il mese di Imtiaz Ali, per via di alcuni dei suoi film più popolari negli anni, che sono usciti in questo mese. Il celebre regista è spesso accusato di presentare sempre la stessa storia d’amore in circostanze diverse, ma i critici hanno anche individuato un tentativo di evoluzione delle tematiche ricorrenti, tra cui il viaggio, la ricerca personale, la psicologia umana e un certo fascino fiabesco per le storie d’amore. Storie che vogliono comunicare qualcosa di più personale e molto probabilmente ispirato dai suoi anni di gioventù.

Ali raccontò in un intervista con Rakesh Anand Bakshi, riportata poi nel suo libro “Directors’ Diaries: the road to their first film”, che i suoi genitori lo rinchiudevano in una stanza della casa dove per casualità vi erano molti libri, questo per proteggerlo dalle alte temperature pomeridiane di Patna. Questo incidente lo spinse a sviluppare un grande interesse per la lettura, tanto che la sua aspirazione iniziale fu quella di diventare un professore di letteratura, ma in seguito al suo spettacolo “All My Sons” capì che il teatro era l’ambito in cui voleva far carriera. Invece, successivamente, gli studi a Mumbai, gli fecero realizzare che il suo destino era quello di intraprendere la carriera da film-maker.

Rivediamo insieme alcuni dei suoi film che conservano un posto speciale nei cuori degli spettatori:

JAB WE MET 2007

 

Nonostante sia un film del 2007, Jab We Met risulta avere tuttora una certa popolarità e ricorrenza tra il pubblico. Imtiaz Ali appartiene al gruppo dei registi contemporanei non convenzionali di Bollywood, che per non limitarsi a fare il cinema per il mainstream, ha infranto le barriere tra il cinema cosiddetto commerciale e quello parallelo, rendendo ogni suo film un nuovo genere che riporta sia alcuni elementi del primo che del secondo genere.
Jab We Met è una commedia romantica classica, ma contestualizzata con personaggi pescati direttamente dal pubblico: Aditya, un magnate dal cuore spezzato sul punto di suicidarsi, sale senza meta su un treno e incontra Geet, una ragazza vivace che ha intenzione di fuggire con il suo amante. D’un tratto si ritrova coinvolto nella sua folle vita.
Come tutti i personaggi principali di Imtiaz, anche questi, sono imperfetti e difettosi, scelta che attira il pubblico, soprattutto quello giovanile, a indagare come i loro simili fanno fronte a situazioni fuori dalla norma.
Un altro “protagonista” del film è il famoso “Safarnama”, termine coniato dai critici per la ricorrenza dei bellissimi viaggi che i suoi protagonisti intraprendono per la riscoperta di se stessi. Il film è stato girato a Mumbai, Chandigarh, Shimla, Manali, e al Rohtang Pass dell’Himalaya. Quest’ultimo crea l’atmosfera indimenticabile che fa da sfondo alla famosissima canzone “Yeh Ishq Haye”.

 

 

Nei film di Imtiaz Ali, la musica ha spesso una funzione di esplorare questioni che altrimenti sarebbero difficile da esprimere. Questi segmenti musicali si aggiungono all’essenza dei suoi film rivolgendosi direttamente al pubblico. Le canzoni hanno, quindi, uno scopo preciso e non appaiono nel film solo per aumentare la durata o la vendita dei biglietti.
In complesso, i personaggi, il loro viaggio alla ricerca della vita e il tocco nostalgico rendono il film una delle più belle commedie romantiche di Bollywood. Pur rimanendo divertente e leggero, affronta alcuni temi importanti come la complessità delle relazioni, mostrando al pubblico nuove prospettive sulla vita e sull’amore.

 

ROCKSTAR 2011

 

Il 2011 è stato un anno interessante per l’industria cinematografica indiana. Abbiamo assistito alla reintroduzione dei “road movies” con “Zindagi Na Milegi Dobara” di Zoya Akhtar, la nascita dell’universo poliziesco di Rohit Shetty con “Singham”, offerte inaspettate come “Delhi Belly”, “Dhobi Ghat”, “Tanu Weds Manu”, “No One Killed Jessica” e la commedia satirica “Pyaar ka Punchnama” di Luv Ranjan. Ma verso la fine dell’anno è uscito “Rockstar”, un film che avrebbe cambiato le sorti della conversazione, in particolare per quanto riguarda il regista Imtiaz Ali e l’attore protagonista Ranbir Kapoor.
Prima di Rockstar, i film del regista erano noti per essere piacevoli. Jab We Met (2007), Love Aaj Kal (2009) e Socha Na Tha (2005) non avevano nulla di profondamente inquietante in sé. Mentre, Rockstar, è stato preso molto sul personale dal pubblico. Difatti, lo scorso anno, in occasione dei 10 anni del film, nella conferenza di Zoom il regista confessa che il film non sarebbe mai potuto finire con una nota felice e se dovesse cambiare il finale, sarebbe ancora più tragico; questo perché il film, in un certo senso, parla del mito secondo cui la buona musica esce solo da un cuore spezzato.
Rockstar negli ultimi 11 anni ha preso una propria vita, consolidando il suo status di cult e ottenendo un seguito di fan appassionati. Ha aperto le porte a conversazioni sullo sguardo del film, creando due blocchi opposti del pubblico: quello che lo adora e quello che lo detesta. Dove i primi apprezzano la storia di un artista tormentato, ossessionato dal dolore, che nel percorso perde tutto, compresa la sua musica; i secondi lo detestano, accusandolo di normalizzare tematiche come la mascolinità tossica e lo squilibrio nel trattamento dei personaggi maschili e femminili.

Uno dei più grandi difetti di Rockstar è forse il casting di Nargis Fakhri per il ruolo di Heer. Lo squilibrio diventa sempre più visibile quando abbiamo dall’altra parte un’artista come Ranbir Kapoor. Ma questa scelta potrebbe anche risultare intenzionale, in quanto la fragilità e la delicatezza di Heer, rappresenta l’idea di Amore e non la persona concreta di cui è innamorato il protagonista.

 

 

Il motivo per cui Rockstar funziona è che si tratta di una tragedia intenzionale e non una storia d’amore glorificata. Il film non presenta alcun lieto fine, diversamente da come spesso si è abituati a vedere in Bollywood. Il protagonista continua a essere un ribelle infelice e autodistruttivo senza una causa concreta. Infatti, prima di morire, Jordan è l’incarnazione di “Ranjha” per la sua “Heer”. Jordan è davvero il cattivo del film che il regista sceglie di non premiare.
Rockstar, rimane un’opera fondamentale nel mainstream di Bollywood, capace di presentar all’India una rockstar accessibile e trascendente; un semplice ragazzo di Nuova Delhi che riesce a raggiungere fama e l’appoggio del pubblico , ispirandolo e commovendolo, formando così una generazione che crede nel potere della sua voce. A distanza di anni, il messaggio del film, tratto dalle parole immortali di Rumi, persiste:

“Lontano da qui, al di là del concetto di sbagliato e giusto, esiste un posto. Ci incontreremo lì.”

 

 

L’ultimo decennio ha assistito a un grave deterioramento della qualità delle canzoni di Bollywood escludendo alcuni musicisti di talento tra cui Allah Rakha Rahman. Rockstar rappresenta, finora, il suo miglior lavoro. Ogni canzone è eccezionale e alimenta la sceneggiatura, rendendo così la colonna sonora la vera rockstar del film. Ma ciò che eleva l’album a un livello magico sono le immagini altrettanto brillanti che completano la musica di Rahman. Le canzoni sono state rappresentate in modo così bello che l’abilità visiva di Imtiaz Ali è paragonabile a quella di registi leggendari come Mani Ratnam e Vijay Anand.
Inoltre, non si può trascurare la sublime poesia di Irshad Kamil che mette a nudo i sentimenti del protagonista principale Jordan, attraverso le sue potenti parole. Semplicemente ascoltando i testi, si può tracciare l’arco caratteriale di Jordan e il suo stato d’animo. L’altro contributo chiave alla magia di Rockstar è Mohit Chauhan, il cantante, le cui interpretazioni piene di sentimento trafiggono il cuore mentre esprime l’angoscia, l’agonia e la vulnerabilità di Jordan. E, ultimo ma non meno importante, Ranbir Kapoor, la cui performance da record in carriera come rockstar emotivamente ferita, aggiunge strati di profondità alle sequenze delle canzoni del film.

 

TAMASHA 2015

 

Il dramma romantico ruota attorno a Ved e Tara, i quali si incontrano durante una vacanza in Corsica e decidono di non rivelare le loro vere identità. Tara realizza il suo amore per Ved dopo essere tornata a Delhi e in seguito incontra nuovamente Ved, il quale sta cercando di scoprire il suo vero sé e la sua vera vocazione nella vita.

 

 

Imtiaz Ali ci ha presentato film stravaganti che toccano la filosofia del desiderio, della scoperta di sé e del senso di autocoscienza. In Tamasha , Ved viene spesso ripreso davanti agli specchi, a connotare la separazione tra la persona che è realmente e la persona che è stato costretto a diventare per via delle circostanze. Il film mostra la lotta interiore del protagonista mentre si trasforma da un qualsiasi product manager in un’azienda a quello di un narratore che si esibisce nei teatri a raccontare le proprie storie al pubblico.

 

 

Tamasha si potrebbe considerare una versione evoluta di Rockstar. Il linguaggio visivo diventa più forte, i personaggi si arricchiscono, ma il dibattito che il film porta con sé rimane lo stesso. Il motivo per cui Tamasha funziona meglio è anche per la protagonista femminile del film. Deepika Padukone nei panni di Tara è in grado di portare in tavola ciò che Fakhri probabilmente non poteva.
Qui Tara si traduce in una persona reale e non solo in un’idea di amore. La storia si conclude con un lieto fine. A differenza di Rockstar, e dunque, l’amore non distrugge ma aiuta a realizzare il vero potenziale.

 

 

Il film è pieno di transizioni che portano lo spettatore nell’immaginazione di Ved. Alcuni esempi posso essere: quando vediamo una Sita struggente, che ricama il nome di Ram su un campione di stoffa in seguito allo stacco su Tara che si strugge per Ved. Un altro esempio è il parallelismo tra il ritorno in Calcutta di Tara e la narrazione della vicenda in Punjab con tono insolito e divertito dalla band folk come per alludere alla terra di provenienza di una Heer lontana nel tempo.
Imtiaz Ali è uno dei rari cineasti dei giorni nostri, insieme a Sanjay Leela Bhansali, con un gusto allenato per i film che non sono film di testa ma di cuore, dove spesso le canzoni prendono il primato sulla narrazione e raccontano ciò che una scena comune non sarebbe riuscita a ricreare.

 

 

La performance dei due attori è una combinazione di carisma personale e chimica reciproca, il risultato è eccezionale come se tutto stesse accadendo realmente senza una telecamera che li stesse riprendendo.
E’ come se lo spettatore crescesse guardando questi film e ad ogni rivisitazione osservi questi film in modo diverso. I recenti personaggi di Ranbir Kapoor sono lo spirito del tempo, personaggi in cui un’intera generazione si rispecchia.
Ved di Tamasha e Bunny di YJHD simboleggiano le lacune culturali nel tempo; catturano i sogni, le frustrazioni e le aspirazioni di libertà della corrente generazione. Ed è forse questo che spinge lo spettatore a guardare i film, per una rappresentazione romantica della propria vita. A volte i personaggi sono le versioni migliori e più virtuose; altre, invece, sono le più imperfette e disastrose.
Articolo a cura di Mega Ehsaas.