Repubblica islamica del Pakistan: attraverso interviste realizzate a persone musulmane, omosessuali e transgender con scene di vita quotidiana il film ci porta a conoscere la situazione dei diritti LGBT in questo paese.
Il film documentario “Allah Loves Equality” dà voce alle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) che vivono nella Repubblica islamica del Pakistan: attraverso interviste realizzate a persone musulmane omosessuali e transgender e scene della loro vita quotidiana, tutti potranno conoscere la situazione dei diritti delle minoranze sessuali nel paese e quali sono gli atteggiamenti sociali nei loro confronti.
Per la prima volta vere coppie omosessuali hanno deciso di mostrarsi pubblicamente e di raccontare la propria storia al mondo. Anche molte persone transgender, da coloro che lavorano come sex workers a chi sta combattendo per combattere l’HIV nella comunità, si sono raccontate apertamente. Inoltre, nella realizzazione del documentario, si sono toccati con mano i rischi che la retorica fondamentalista fa correre a chi vive la propria identità sessuale senza nascondersi e per questo è considerato immorale e blasfemo.
“Allah Loves Equality” è stato sin dall’inizio sostenuto dall’associazione di volontariato Il Grande Colibrì e ha il patrocinio di Amnesty International. È stato realizzato con il contributo e il patrocinio di Fondo Samaria e Arcigay Gioconda. Ha anche il patrocinio del CIG Arcigay Milano e di Progetto Gionata. Le campagne di raccolta fondi hanno goduto della media partnership di Lezpop, Pasionaria e Pride Online.
L’opera mostra, attraverso interviste e scene di vita quotidiana, la situazione dei diritti delle minoranze sessuali in Pakistan, quali sono gli atteggiamenti sociali nei loro confronti e come la comunità LGBTQ affronta il problema dell’HIV in un luogo dove vige una forte mentalità sessuofobica.
Il documentario mostra senza filtri la storia delle persone queer in Pakistan, Paese che vede applicata una delle legislazioni più repressive in materia, soprattutto a causa della sezione 377 del codice penale.
Il regista fornisce a diversi testimoni la possibilità di raccontarsi davanti a una telecamera e molti di loro lo hanno fatto per la prima volta, con totale sincerità e grandissimo coraggio. Si alternano dunque interviste, momenti di vita vissuta e spezzoni relativi a celebri fatti di cronaca, nel tentativo di scavare una strada fuori da un inferno fatto di stupri, omicidi, delitti d’onore, ostracismo e molte altre forme di violenza subite, su base regolare, dalla comunità LGBT in Pakistan. (Lucia Conti)